Chi detiene il diritto d’autore rispetto alle creazioni di un software di intelligenza artificiale? Il dibattito è destinato a durare, ma la giurisprudenza inizia a emanare le prime decisioni in materia.
Già da qualche tempo i sistemi di intelligenza artificiale vengono utilizzati per produrre contenuti dotati di una qualche novità o creatività. Il tema tuttavia è diventato particolarmente discusso con l’avvento di ChatGPT, Dall.E e simili software, capaci di elaborare testi o di creare immagini, a fronte di input da parte dell’utilizzatore.
La discussione principale al momento attiene al tema dei diritti d’autore delle immagini e degli elaborati a cui i sistemi di intelligenza artificiale hanno accesso e di cui si nutrono (il machine learning), sulla base dei quali possono poi elaborare le loro creazioni.
Considerato appunto che le AI hanno utilizzato dati, immagini, testi disponibili in rete, i titolari dei diritti d’autore di tali materiali dovrebbero essere consultati affinché consentano a detto utilizzo? E ricompensati per l’uso dei loro prodotti creativi? È legittimo l’utilizzo di questi materiali senza autorizzazione e remunerazione per i loro creatori?
Ma c’è anche un’altra questione che si fa strada: si può riconoscere un diritto d’autore sulle creazioni delle intelligenze artificiali? E se sì, chi ne è il titolare?
Le norme italiane in materia sono contenute nella legge sul diritto d’autore n. 633 del 1941.
L’oggetto della legge sono le opere dell’ingegno di carattere creativo (art. 1) di cui fornisce pure un elenco esemplificativo (art. 2).
Viene stabilito che ciò che fa acquisire il diritto d’autore è la “creazione dell’opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale” (art. 6). Pertanto, il creatore di detta opera ne è considerato l’autore e titolare dei diritti.
All’autore spettano i diritti di sfruttamento economico dell’opera, cedibili, e il diritto morale, vale a dire quello di esserne sempre riconosciuto come autore e di opporsi alle sue modifiche.
Alla luce di questa normativa, nel caso di creazioni prodotte da un sistema di intelligenza artificiale, possono essere esse protette? E chi può esserne considerato autore e quindi titolare dei relativi diritti?
Si occupa del tema l’ordinanza 1107/2023 della Corte di Cassazione, emanata a margine di un contenzioso riguardante l’utilizzazione di un’immagine rielaborata di un fiore da parte della RAI nella comunicazione riguardante il Festival di Sanremo 2016, utilizzazione ritenuta illegittima da parte del tribunale di Genova prima e della corte d’appello poi.
L’autrice dell’immagine ne ha appunto contestato l’uso da parte della RAI; quest’ultima ha opposto (per la prima volta in Cassazione, di qui il rigetto della doglianza) che l’immagine non fosse sottoposta al diritto d’autore poiché generata da un software e non dalla persona che si era servita del software per realizzare l’opera, alla quale dunque non poteva essere attribuita alcuna creatività.
La Corte a sua volta ha ricordato che elemento essenziale per la tutela dell’opera è che questa sia dotata del carattere della creatività. Tuttavia ha chiarito che essa non va interpretata come “creazione, originalità e novità assoluta” ma va intesa nel senso che debba essere “riscontrabile” nell’opera d’ingegno “un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore”. Ciò che rileva è che, pur a fronte di idee e nozioni semplici, “l’opera rifletta la personalità del suo autore, manifestando le sue scelte libere e creative”.
La Cassazione, quindi, ha sostenuto che il carattere creativo di un’opera non viene travolto dal fatto di usare un software per la sua creazione ma che eventualmente tale uso richieda più approfondite indagini rispetto al fatto che lo strumento possa avere “assorbito l’elaborazione creativa dell’artista”.
La Corte, nel caso di specie, individua il software come strumento dell’artista, rispetto a cui indagare la sua eventuale capacità di travolgere la creatività di quest’ultimo, ma non come strumento che, per sua propria essenza, faccia venir meno l’apporto creativo del suo utilizzatore.
E infatti afferma che, se l’accertamento rispetto al contributo del software dia conto di una prevalenza dell’apporto creativo dell’utilizzatore rispetto a quello dello strumento, all’utilizzatore spetta il riconoscimento del diritto d’autore sull’opera generata.
Sarà solo nel caso in cui la generazione da parte del software sia totalmente assorbente di ogni creatività del suo utilizzatore che la tutela secondo la legge del diritto d’autore andrà negata a quest’ultimo. Ciò tuttavia rischia di far cadere dette elaborazioni nel pubblico dominio.
Per quanto riguarda gli orientamenti della nostra giurisprudenza alla luce delle norme vigenti, appare del tutto escluso il riconoscimento di un particolare diritto d’autore ai sistemi di AI, in considerazione dell’interpretazione della creatività come manifestazione della personalità dell’autore, personalità che al momento non viene riconosciuta ai sistemi di AI.
Tuttavia ci si interroga sulla tutelabilità di un’opera attribuibile interamente all’apporto dell’AI: si può riconoscere creatività ad una macchina? è opportuno che la sua opera sia tutelata? E in tal caso, chi ne dovrebbe essere il titolare? In particolare, sarebbe opportuno riferirsi all’utilizzatore del software o al suo creatore/programmatore?
Ne scaturisce anche la domanda se, alla luce delle evoluzioni della tecnologia, le vigenti norme sul diritto d’autore abbiano bisogno di prendere esplicitamente in considerazione l’ipotesi delle creazioni delle intelligenze artificiali o se dette norme siano già di per sé in grado di disciplinare il fenomeno.
Ad esempio, rispetto al rapporto tra macchina e utilizzatore o programmatore, potrebbero soccorrere le norme dell’art. 7, che considera titolare dei diritti di un’opera collettiva “chi organizza e dirige la creazione dell’opera stessa”, così come considera autore delle elaborazioni “l’elaboratore, nei limiti del suo lavoro”.
Occorre ricordare, in questo contesto, che l’eventuale titolare dei diritti d’autore sulle opere creative di una AI sarebbe al contempo anche responsabile di eventuali illeciti compiuti da quel software, come ad esempio il plagio.
Il tema sta interessando, come è comprensibile, anche gli altri Paesi e pure altrove iniziano ad essere emanate decisioni al riguardo.
Ogni autorità è tenuta a decidere sulla base della legislazione a cui è sottoposta, tuttavia rimane interessante seguire l’evoluzione della materia, anche in considerazione delle sue ricadute transnazionali e delle ipotesi di nuova legislazione.
Immagine di Andrea De Santis.
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