L’impatto dell’inserimento dei reati contro il patrimonio culturale nel catalogo del D.lgs. 231/2001

Il recente inserimento dei reati contro il patrimonio culturale tra quelli rilevanti ai fini della responsabilità amministrativa degli enti interessa anche imprese che operano al di fuori del mondo della cultura e dell’arte. Qui vediamo come.

I nuovi reati

La legge 22 del marzo 2022 ha innanzitutto inserito nel codice penale alcuni reati contro il patrimonio culturale, e precisamente:
furto e appropriazione indebita di beni culturali, ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio di beni culturali, Impiego di beni culturali provenienti da delitto, falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali, violazioni in materia di alienazione di beni culturali, importazione, uscita o  esportazione  illecite  di  beni culturali, distruzione,  dispersione,  deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici, devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici, contraffazione di opere d’arte, possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli.
L’intento di queste previsioni è di inasprire le sanzioni per i reati che colpiscono i beni culturali.

In tal modo infatti la natura dei beni oggetto dei reati non è solamente un accidente, come avrebbe potuto essere se avesse dato vita ad aggravanti speciali dei comuni reati contro il patrimonio, ma elemento costitutivo della fattispecie. 
In seconda battuta la legge 22/2022 prevede l’inserimento degli articoli 25-septiesdecies e 25-duodevicies nel testo del D. Lgs. 231/2001, facendo dunque rientrare nel catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa dell’ente la maggior parte dei reati sopra elencati. 

Il patrimonio culturale

L’art. 2 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. 42/2004) stabilisce che il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici.
Definisce poi beni culturali le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà.
Sono, invece, considerati beni paesaggistici, i beni e le aree espressamente previste dalla legge, costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, nonché gli altri beni individuati dalla legge.
Il novero di tali beni, ulteriormente specificati dal Codice citato, è dunque ampio, anche in considerazione della ricchezza del nostro territorio e delle testimonianze storiche e artistiche che vi sono presenti.

La responsabilità amministrativa degli enti

Ricordiamo che il D. Lgs 231/2001 prevede che le persone giuridiche siano responsabili per i reati commessi a loro vantaggio o nel loro interesse:

  • da parte di persone che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione dell’ente o che ne esercitano la gestione e il controllo, 
  • da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui al punto precedente. 

 

L’ente non viene ritenuto responsabile nel caso in cui:

  • abbia adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi,
  • abbia affidato il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
  • le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
  • non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di vigilanza.

I reati per cui l’ente può essere considerato responsabile sono quelli elencati nel medesimo decreto, agli articoli 24 e seguenti. 
All’originario novero nel tempo si sono aggiunte nuove ipotesi, le ultime delle quali sono i reati contro il patrimonio culturale di cui qui ci occupiamo. 

I destinatari delle nuove previsioni 

Ad una prima lettura e considerate le fattispecie, i nuovi reati a catalogo sembrano interessare solamente chi opera nel settore dei beni culturali o in ambiti limitrofi. 
Sicuramente i primi a dover prendere in considerazione la normativa e conseguentemente aggiornare i propri modelli organizzativi sono gli operatori del mondo dell’arte e dell’architettura, quali gallerie d’arte, case d’asta, enti gestori di musei e siti d’interesse artistico e architettonico. 
Ma è necessario riconoscere che anche imprese apparentemente estranee al settore culturale possono essere interessate da questa normativa. 
Infatti da un lato non è infrequente che una società possa decidere di acquistare opere d’arte, sia come forma d’investimento sia per aumentare il pregio delle proprie sedi, dall’altro le medesime società possono decidere di stabilire loro sedi in beni immobili di prestigio, e dunque di procedere ad acquisti o ristrutturazioni. Considerato infine che diverse aree del nostro territorio sono sottoposte a vincoli paesaggistici, anche la costruzione di nuovi edifici o la modifica di impianti esistenti che insistano su tali territori possono dar corpo ai reati anzidetti. 

Riflessioni sul concreto impatto sulla responsabilità amministrativa degli enti

Come appena riportato, non è trascurabile la possibilità che alcuni dei reati di nuova introduzione siano commessi anche nello svolgimento dell’attività d’impresa non strettamente connessa alla gestione del patrimonio culturale.
Ciò rilevato, ci si chiede in quali occasioni la commissione di questi reati possa far sorgere la responsabilità dell’ente, in particolare tenendo conto che è necessario che essi siano commessi a vantaggio o nell’interesse dell’ente stesso.
Tenendo conto di questi criteri, appare a chi scrive che l’effettivo novero dei reati che possano costituire il presupposto della responsabilità si assottigli rispetto quelli a catalogo e che probabilmente l’impatto maggiore possano averlo ipotesi come la distruzione, dispersione,  deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici (art. 518 duodecies c.p.), proprio tenendo conto di interventi che le imprese di settori non culturali potrebbero trovarsi a fare su propri immobili o impianti insistenti in territori vincolati.
L’effettiva applicazione della nuova normativa darà conferma o smentita delle riflessioni qui condivise ad una prima lettura delle previsioni.

Foto di Tom Podmore.
Il contenuto di questo documento ha mero scopo informativo e non costituisce parere professionale sul tema trattato. 

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